A febbraio 2014 un ex
commerciante, in pensione, riceve da Equitalia, con
lettera semplice non raccomandata, un sollecito di pagamento per una cartella
che, a loro dire, sarebbe stata notificata - addirittura - nel 2005.
Il presunto debito deriva
da Ilor del 1997 non versata (qualcuno se la ricorda?), mentre la somma
richiesta ammonta a 473,07 euro.
Trattandosi di avviso
bonario pervenuto con lettera semplice e considerata, inoltre, la ragguardevole
"anzianità" del debito, non si è - ovviamente - dato seguito
alla richiesta, vista la evidente prescrizione.
Adesso, pochi giorni fa
(siamo a dicembre del 2014), arriva da Equitalia Sud S.p.A. un'intimazione di pagamento,
notificata a mezzo lettera raccomandata a/r, con la quale viene richiesta al
povero pensionato la somma di euro 814,13, sempre per quel famoso debito Ilor
del 1997 che risulta non pagato.
Come sappiamo con l'intimazione di pagamento si obbliga il debitore a pagare debito entro i successivi 5 giorni, pena l'inizio dell'esecuzione forzata (in pratica il pignoramento).
A questo punto, per evitare l’aggressione sul
patrimonio, il cliente decide di pagare ma, prima, vorrebbe almeno sapere se la
somma è effettivamente dovuta.
Scrivo, quindi, ad Equitalia Sud, chiedendo
la copia della relata di notifica della cartella, per verificare se, almeno, è stata a suo tempo effettivamente ricevuta.
La risposta è fantastica:
Quindi Equitalia Sud S.p.A. da una parte comunica che sta per iniziare un pignoramento, dall'altra fa sapere che non è in grado di dimostrare la fondatezza del credito per il quale procederà.
Inoltre l'importo della richiesta (poco più di 800 euro) è tale che, per il povero pensionato, rivolgersi ad un professionista per ottenere un sacrosanto annullamento potrebbe costare di più che pagare Equitalia.
Quando a fare il furbo è il cittadino lo Stato, giustamente, interviene.
Ma quando a fare il furbo è lo Stato?


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